sabato 30 giugno 2012

CHI E' DENTRO E' DENTRO

Sono stanco.
Stanco di tutto quello che mi circonda. O forse solo di me. Che poi è uguale.
Stanco di mio papà che ha una sola visione delle cose e non accetta ne esistano altre.
Stanco di me che ho almeno un milione di visioni per la stessa cosa.
Stanco di mio cugino. Che da quando viene a darci una mano e a prendersi la nostra è un inferno.
Stanco di me che non dovrebbe importarmi, che dovrei fregarmene se per la smania di fare un lavoro lascia un campo di battaglia.
Stanco per tutto il mio modo che va a puttane.
La cura e l'attenzione, il rispetto per la casa e le persone che la abitano. Tutto contestato, tutto ritenuto inutile e senza resa, a fronte della velocità. Della presunta concretezza.
Stanco di essere gentile, di dire una volta due volte tre volte le cose.
Stanco di avere la voce sottile e il sorriso e di ricevere l'arroganza dei torti, il silenzio del menefreghismo, il ripetersi degli stessi medesimi gesti come se nulla fosse.
E le facce! Oh cazzo, Dio solo sa quanto sono stanco delle facce. E delle mascherine.
Stanco di farmi insegnare dagli altri, di ricevere suggerimenti sui miei problemi da risolvere.
Stanco di chi è convinto d'aver sconfitto ogni male e si crede di poter venire a risolvere i tuoi.
Potresti cominciare pulendo quello che sporchi! Portando a termine una cosa dall'inizio alla fine. Potresti cominciare portandomi il rispetto che io ti porto.
E i miei problemi non cambierebbero un cazzo! Ma almeno non dovrei buttare ogni settimana dell'attrezzatura...
Stanco.
Stanco di andare sempre e solo in salita.
Stanco delle borse mare e delle infradito degli altri.
Stanco del rumore dell'acqua delle piscine a ogni tuffo. A rompere il silenzio delle due di pomeriggio.
Stanco della pelle che si taglia tra la polvere del cemento e il sudore, e delle abrasioni sull'anima.
Stanco della gente che mi chiama fortunato, e pure di quella che mi dice poverino e poi mi chiede un favore.
Stanco di guardare dritto e davanti quanto mi alzo e riassetto la schiena, perchè il mio davanti è uguale al dietro.


Caronte: io sarò uno scandalo sulla tua barca.
Mentre le altre ombre pregheranno, gemeranno o piangeranno,
E sotto il tuo sguardo da sinistro patriarca
Timide e tristi, sottovoce, supplicheranno,

Io andrò come un’allodola cantando lungo il fiume
E inonderò la tua barca col mio profumo selvaggio,
E illuminerò le onde dell’oscuro ruscello
Come una lanterna azzurra che illumini il cammino.

Per quanto tu non voglia, per quanti sinistri lampi
Mi lancino tuoi occhi, maestri di terrore,
Caronte, io sulla tua barca sarò come uno scandalo.

Ed esausta d’ombra, di coraggio e di freddo,
Quando vorrai lasciarmi sulla riva del fiume
Saranno le tue braccia a depormi come conquista di vandalo.

Pablo Neruda


Caronte infuocato invece si diverte con me.
Io mi illudo che almeno mi consideri, che mi veda come un temibile ostacolo al suo dominio di deserto nelle stade.
Mi strattona come un foglio di carta sottile, mentre io mi sento così pesante...
Temo che nemmeno mi noti, che la sua violenza sia normalità e io del tutto insignificante al suo sguardo che brucia.

Stanco.
Stanco di non essere visto. Per quello che c'è da vedere.

Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.




2 commenti:

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  2. Ribelle NON è di Neruda, è di una poetessa uruguaiana (1892-1979) Juana de Ibarbourou. Cercatelo in lingua originale o sia spagnolo e vedrete che appare solo Juana

    Rebelde
    “Caronte : yo seré un escándalo en tu barca.
    Mientras las otras sombras recen, giman o lloren,
    y bajo tus miradas de siniestro patriarca
    las tímidas y tristes, en bajo acento, oren,
    yo iré como una alondra cantando por el río
    y llevaré a tu barca mi perfume salvaje
    e irradiaré en las ondas del arroyo sombrío
    como una azul linterna que alumbrara en el viaje.
    Por más que tú no quieras, por más guiños siniestros
    que me hagan tus dos ojos, en el terror maestros,
    Caronte, yo en tu barca seré como un escándalo.
    Y extenuada de sombra, de valor y de frío,
    cuando quieras dejarme a la orilla del río
    me bajarán tus brazos cual conquista de vándalo.” Juana de Ibarbourou.

    è un errore che in italiano si sta spargendo a machia d’olio in internet

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