venerdì 10 agosto 2012

IL RITORNO DEL CAPITANO NEMO

Tratto dal libro mai scritto IL RITORNO DEL CAPITANO NEMO di Bastian La Fleur.

PRIMA PARTE.

Il mio nome è Pietro Melfi.
Non scomodatevi: non c'è ragione, il mio nome non vi dirà mai nulla di che.
Sono figlio illegittimo di Pierre Aronnax e come sopra immagino non si desti alcun interesse se non in qualche appassionato di storia e scienze naturale, dalla buona memoria.
Ma sono altrettanto convinto che riceverò tutta l'attenzione che vado cercando, quando affermerò e testimonierò di essere stato l'ultimo uomo ad incontrare e trascorrere ben cinque mesi come ospite dell'indomito capitano Nemo a bordo del leggendario Nautilus.


[...] Si dovrebbero educare i figli fin da molto piccoli alla pazienza.
Poiché la vita si mostra ai più come un inteRminabile fila, una coda lenta e noiosa.
Un'attesa estenuante spesso finalizzata al più deludente dei nulla.


[...] Da quel che avevo "rubato" dai giornali, i racconti  di mio padre su quanto aveva appreso dall'incontro con il capitano Nemo, furono dopo un breve entusiasmo, ferocemente messi in discussione.
Capita spesso che la verità non sia questione sostenibile.
Troppe le rivelazioni incredibili e fantastiche, al punto che i detrattori si trovarono in numero ben più consistente dei sostenitori, e il loro rumoroso brontolio diventò presto assordante.
Mio padre difese così fortemente le sue scoperte da risultare più un folle e un fanatico che un attendibile e rispettabile scienziato.
Quanta sofferenza si genere nell'incomprensione.
A nulla servirono le accorate dichiarazioni del caro Consel, il maggiordomo e molto altro, che aveva trascorso ogni singolo minuto al fianco di mio padre con una esemplare fedeltà.
Un uomo dall'animo così devoto che avrebbe certo giurato e spergiurato il falso senza esitare, pur di salvaguardare l'onorabilità del suo padrone.
Quanto al sostegno del marinaio Ned Land era perfettamente inutile farvi affidamento.
Si diceva che poco dopo il loro ritorno si fosse imbarcato fretta e furia, pagato profumatamente da un gruppo di privati che armò ben tre navi, con l'intento di inseguire e scovare il Nautilus e il suo capitano, pensando di recuperare molti dei tesori di cui avevano letto.
Ma dopo diversi infruttuosi mesi di navigazione in un immenso nulla, finì con l'essere ritenuto un volgare bugiardo e fu licenziato.
Poco dopo fu trovato morto, riverso in una sudicia bettola nelle Filippine, probabilmente accoltellato in una rissa.


[..] Cosa spinge un uomo pigro e dedito ad ogni sorta di vizio, ad avventurarsi in un'impresa le cui uniche certezze sono pericolo e privazioni?
Una sprovveduta curiosità!
Una morbosa ossessione per per quel che è sconosciuto e precluso all'uomo normale.
Stringevo tremando una lettera di poche righe, destinata a Pierre Aronnax o ai suoi eredi.
Quel padre che non avevo mai conosciuto, dal quale ero sempre fuggito più che potevo come se la distanza attenuasse la rabbia e il dolore, ora pareva lì a fissarmi con la sua eredità migliore.
Un padre che aveva saputo di me solo in punto di morte, quando mia madre avvertita da vecchi amici comuni, aveva sentito per la prima e unica volta, il bisogno di confessare la mia esistenza.
Ora quel padre si presentava a me come un fantasma, e nonostante la mia vita spesa in tutte le direzioni opposte, con questo invito tra le mani sentivo il figlio che scopre il padre in sè stesso e un imperdibile opportunità a cui non potevo dare ancora un nome.


[...] Un messaggio breve, urgente.
Una carta preziosa, bruciante tra le mani, con un rilienvo nel mezzo impercettibile alla vista ma evidente al tatto.
Scorrendo più e più volte con le dita su quei caratteri, provavo ben più che la sensazione di un cuore che batte impazzito... MOBILIS IN MOBILE,  e una grande N nel centro.


[...] Non ero mai stato un asso in matematica, ma non ci voleva un genio per capire che i conti non tornavano proprio.
L'uomo che vedevo di fronte a me godeva di un vigore raro anche per un uomo forte e giovane.
Il viso segnato ma lucido, la voce profonda intensa e perfetta.
Non poteva avere che tra i quaranta e cinquant'anni. No, nemmeno volendo.
Allora chi era quest'uomo?
Un impostore?
Un figlio? Un nipote?
Un folle visionario che aveva voluto realizzare l'ambizoso sogno di riportare in vita la figura leggendaria del capitano Nemo?



[...] Mi rendevo perfettamente conto di star tempestando di domande il capitano Nemo, ma accolto da un'inattesa disponibilità non riuscivo a fermarmi.
Benché in questo infantile modo di fare erano troppe le mie parole e inevitabilmente rare le sue.
Come un bambino alla scoperta di tutto, l'entusiasmo superava ogni inibizione e soggezione.
Ero rassicurato che non mentisse.
Come ogni buon impostore conosco la materia e i miei simili.
Anche i migliori imbroglioni scostano almeno per un attimo lo sguardo nel raccontare i loro inganni.
"Raccolgono" una storia in fretta e la propongono pur calmi ma senza un respiro, e quando si convincono che funziona si rilassano aggiungendo un gran numero di particolari a sostegno, ma per lo più non neccessari.
No! Il capitano Nemo non aggiungeva una sola sillaba più del dovuto, ma dava ad ogni parole una solenne dignità che mai avevo colto in nessuna delle molte bocche che in vita mia avevo udito.
E se anche fosse stato muto, avrei potuto dare ogni sorta di garanzia al suo solo sguardo.
Infilava per dritto i suoi occhi nei miei così intensamente da farmi provare fastidio.
Come i raggi del primo sole che trafiggono le stanze buie e ancora addormentate.


sabato 4 agosto 2012

LA CASA SULLA SCOGLIERA

Qualche giorno fa mi sono svegliato con questo pensiero nella testa.
DOVRESTI TROVARE UN POSTO DOVE COSTRUIRE UNA CASA, CHE ABBIA GRANDI FINESTRE E LA POSSIBILITA' DI GUARDARE ALBE E TRAMONTI.

Amo e odio quando mi succedeno queste cose.
Perché non ho il tempo di assecondarle e curarle ma la logorante voglia di farlo!
Così non mi salvo più e in ogni istante della giornata ci penso, e se non è qualcosa di nuovo è il ripetersi allo stremo di un pensiero da consolidare per paura che vada perso.
Le mie pause pranzo dalle 12.05 alle 12.45 sono le più intense del mondo: devo mangiare, fare la cacca e segnarmi gli appunti.
Senza entrare troppo nei dettagli alcune di queste funzioni sono costrette ad accavallarsi.

Non so perché ma più che il luogo, d'istinto ho costruito la casa.
Un rettango su un unico piano, semplicissimo.
Da poter girare su tutto il perimentro, con mezze pareti a scomparsa che scorrono e si aprono di stanza in stanza. Aprendo e chiudendo nascono e muoiono nuovi spazi.
Una casa che vive insomma... che muta. Come me.

Ampie finestre e porte finestre su tutti i lati, e inizialmente avevo pensato tranne che sulla parete della cucina soggiorno che avrei lasciato in cemento a vista trattato.


Una cosa così.
Gettato con casseri, trattato con resina.
Il cemento è un materiale che non amo ma che rispetto. Infondo che mi piaccia oppure no, è tra quelle cose che ha segnato la mia esistenza.
Però "costruendo" la mia casa, ho abbandonato l'idea.








Il legno è l'elemento.

Perché il legno?
Perché può morire fino in fondo.
Una casa in legno che brucia, non lascia nulla su cui piangere...
Sento che è un bene non legarsi troppo alle cose materiali, ogni volta che mi è successo ho patito inutili pene specie in occasioni in cui non c'è nulla che si possa fare.
Ogni legame troppo solido con le cose solide, porta più dolore che gioia.
Avere montagne di materie su cui piangere, dal primo all'ultimo frammento, è qualcosa che non fa più per me.
Il progetto della mia casa conporta anche questo. Un possibile piccolo mucchio di cenere da soffiare nel vento, che voli via ma senza portarsi me.



 Eccole! Ampie finestre generose di accogliere luce.














 Indicativamente una cosa simile, da fuori.
Lineare e semplice.












 Dai tratti netti e diretti.













Ma qualche accorgimento devo pur averlo.
Sull'esterno voglio una scala per accedere al tetto.
L'usura richiede l'impiego di un altro elemento che ha tutto il mio rispetto. Il ferro.



 Ma nel suo aspetto più vero.














Sul tetto serviranno dei pannelli solari e del verde per trattenere l'acqua e mantenere la casa più fresca certamente di qualche grado.


 Anche un orto volendo...















...  ma anche no.













Pavimento esterno.




















L'anima della casa stessa.
Il portico.
Il respiro pieno.



















E qui Il suo cuore.


La stanza segreta.
La sola chiusa agli occhi e ricavata nell'interno, al centro.
Accessibile da una porta a scomparsa anonima sulla parete di un bagno più piccolo.














Pochi giorni dopo il mio risveglio con quella cosa in testa, una sera mi siedo sul divano stanco morto e giro canali con il telecomando come fosse una ninna nanna nella breve attesa di crollare.
I miei occhi si fissano su un uomo che si alza dal letto, scorrono alcuni nomi: sta iniziando.
Riconosco Kevin Kline che mi piace, ma è molto poliedrico e non distinguo la natura del film.
Poi si alza in mutande, esce di casa e mi sembra di sentirne tutto il fresco del mattino. La casa è brutta e fatiscente e tracurata come lui. Ma è dritta sull'oceano e lui si avvicina al bordo e fa la pipi.

Beh cazzo... è già il mio film!

Se avessi il denaro, o il tempo, o infondo solo i coglioni, costruirei anche io la mia casa su una scogliera.
Per due ragioni che poi è una sola: poter sempre scegliere.

Scegliere in qualunque momento se gettarmi tra onde e scogli, o trascorrere ogni singolo giorno della mia vita fino all'ultimo compreso a guardare e ascoltare il mare e il sole compiersi.